Torno
indietro nel tempo di qualche anno,
era il 12 Giugno del 2001.
Ero in casa intenta alle mie faccende mentre Sara apre la porta e
corre da me con le mani chiuse come in
preghiera.
Humm Sara non mi dire cosa nascondi tra le mani!
Se è un passerotto caduto dal nido, ti
prego non farmelo vedere, lo sai che non siamo
mai riuscite a salvare questi uccellini.
Ti prego ti prego mamma, guardalo solo ... è
piccolo e quasi senza penne. Proviamo ti
prego!!!
Quando Sara aprì le mani sgranai gli occhi quasi
incredula, apparve un piccolo essere con un grande addome, senza
penne solo qualche piuma e un becco sproporzionato.
E ora, Sara, che ne facciamo?
Lei aveva in serbo mille ottimi motivi per
convincermi ad occuparmi dell'uccellino, in fretta li illustrò tutti. Ottimi motivi nulla da
dire.
Poi si va in lacrime, come le altre volte ... vero Sara? Mamma, almeno possiamo dire di aver
provato.
Questa creatura deve mangiare poco e spesso!! Io devo
andare al lavoro e tu a scuola. Chi ci pensa?
Ma la ricerca di motivi per non occuparmi di
quell'essere erano solo una banalissima scusa,
io per prima non avrei mai lasciato al suo
destino quel pulcino pigolante che, con quel grande
becco che si apriva e chiudeva ad ogni mio
movimento, mi fece decidere.
Ancora una volta avrei tentato.
Ma che tipo di uccellino sarà?
Ero sicura di aver conservato l'omogeneizzatore
da qualche parte, quello utilizzato quando avevo
i figli piccoli.
Apri cassetti, chiudi cassetti una ricerca
minuziosa che alla fine portò al
ritrovamento dell'elettrodomestico.
Nel frattempo Sara decise di privarsi di
una scatolina della sua collezione di
bomboniere.
Nobilissimo gesto che apprezzai
molto ma rivelatore di una decisione
presa ed irrevocabile.
Adagiò piano piano quella creaturina sopra un
pezzettino di lenzuolo e attorno mise della bambagia
per tenerlo coccolato e protetto.
E lui (decidemmo che doveva essere un
maschietto) .... dove poteva mai andare?
In effetti, il solo movimento dell'apertura del
becco e l'allungare quel minuscolo collo, gli
procurava davvero uno sbandamento.
Con frenesia mi misi all'opera mettendo nel
frullatore ciò che avevo a disposizione: le
sementi del mio inseparabile e qualche goccia di
acqua per amalgamare il tutto.
Frullato gli ingredienti a dovere provai ad imbeccarlo con il
classico cucchiaino.
Accidentaccio!!! Ma questo non è un passerotto
Sara, questo mangia davvero!!
Sara gongolava di gioia.
Aprì il becco e ingurgitò il cibo dal manico del
cucchiaino, ingoiava e riapriva il becco
barcollando e poi nuovamente fino ad
addormentarsi sazio.
Dobbiamo trovare un altro sistema, questo è un
po' troppo macchinoso.
Fu così che presi una siringa, tolsi l'ago, la riempii
con il
cibo omogeneizzato e quando compresi che avrebbe
mangiato ancora, mi riavvicinai a lui che
appena mi sentì aprì nuovamente il grande becco.
Infilai la siringa nel becco e con lo
stantuffo premetti finché non fuoriuscì il cibo
a forma di lombricotto.
Non vi dico: fu davvero uno spettacolo, non si
dava pace e mangiava in continuazione, aveva
scambiato la siringa per il
becco della mamma ed il suo gozzo trasparente si
riempiva a vista d'occhio.
I tempi per le poppate li stabilì da solo:
quando aveva fame allungava il collo e
cominciava a pigolare.
Fu così che pensai che questa volta sarebbe
andata diversamente, presi fiducia e mi
organizzai.
L'unica possibilità che avevo per nutrirlo
regolarmente era portarlo con me in ufficio. Non
avrebbe disturbato né occupato troppo posto.
E così feci. Siringa e scatolina viaggiarono con
me per circa 10 giorni ed in ufficio lo imbeccavo
di tanto in tanto quando chiamava e anche un
po' quando potevo; veramente in
certi giorni era super nutrito perché
arrivavano le colleghe per osservarlo mentre
mangiava.
I giorni trascorsero e dopo
la prima settimana aveva già un abbozzo di penne
belle lucide. Che soddisfazione io e la siringa
eravamo diventate la sua mamma!
Con l'arrivo delle penne il vicinato (3
famiglie) presero parte alla gara per
il riconoscimento
della razza dell'uccellino.
Alla fine il dilemma era:
verzellino o
lucherino.
I canti sono leggermente diversi:
Lucherino e
Verzellino.
Si decise per verzellino e così lo chiamammo Luckyverz.
Col tempo, fui costretta ad abbandonare l'idea
della scatolina, non era più adeguata alla sua
crescita, tornò in auge una vecchia gabbia
ancora in ottime condizioni e quella
diventò la sua nuova dimora.
Di gabbie ne ho una vasta scelta in quanto tra
canarini molto prolifici, cocorite e criceti
super prolifici ebbi, a suo temo, una discreta
famiglia.
Così, in casa, avevo due uccellini uno dei quali
però un po' troppo focoso ed altrettanto curioso
per non dire molto geloso:
Un ciangottio terrificante provenne dalla gabbia
di Pio unico proprietario, fino a quel momento,
della sala che ora ospitava entrambi che le penne arruffate, gli occhietti
stralunati ed il collo che girava su se stesso
per controllare attorno a se.
Era tutto un programma
ma non potevo cambiar canale oramai c'ero dentro
fino al collo.
Pio si sarebbe dovuto rassegnare e condividere
quello che prima era solo il SUO spazio e anche
parte delle coccole.
L'unico pericolo era che avessero un
contatto troppo ravvicinato.
Luckyverz nella gabbia restava solo quando in casa non
c'era nessuno e di notte, il resto del tempo lo
trascorreva sopra il tetto della gabbietta dove
trovava da bere e qualche semente nel caso
l'istinto lo sollecitasse a becchettare.
La sua alimentazione fu potenziata con
l'aggiunta di qualche formica e qualche
lombrichino, un raccolto che non mi entusiasmava
molto ma era necessario.
Ormai era coperto di penne e le ali sembravano
robuste pronte ad essere usate per il loro
scopo: volare.
Da una mano posta in alto lo facevo cadere
nell'altra più in basso, era un esercizio
frequente e quotidiano; forse anche un po'
stancante perché il suo cuoricino
batteva forte ma intanto, secondo me i
suoi geni ereditati trovarono la
memoria.
L'allenamento continuò per qualche giorno finché
lo vidi prendere il volo spostandosi da un punto
all'altro della stanza.
Continuava ancora a mangiare attraverso mamma
siringa e se la vedeva, ovunque fosse
Luckyverz arrivava immediatamente.
Presto non volle più dormire sul tetto
della gabbia ma scelse (forse scambiandolo
per un alberello) una composizione di fiori: misto secco
e finto che tenevo sul camino, quella fu, per sempre, la sua dimora
notturna.
Dal momento in cui iniziò a svolazzare per casa il pericolo
di un incontro-scontro con Pio divenne una
realtà. Luckyverz pensava forse di aver trovato un suo simile ma si accorse, nel giro di un secondo,
che così non era.
Pio, colta l'opportunità di averlo
vicino, mise in pratica il piano che meditava da
tempo: gli sferrò un colpo con il becco proprio sul capo
che lo fece cadere a terra come un salame o
meglio come quando cadde dal nido.
Ecco, ci mancava anche questa, e ora? La ferita
nel capo era profonda, usciva un rigolo di sangue che mi spaventò. Lo
disinfettai e pensai che per qualche
giorno era meglio che soggiornasse all'interno
della gabbia per un convalescenza tranquilla;
Luckyverz
restava fermo ed era un pò abbattuto, ma
fortunatamente con tanta pazienza continuò a
mangiare, restando volentieri sul palmo della mia
mano mentre lo accarezzavo.
Entro pochi giorni la ferita si chiuse sembrò
riprendersi splendidamente e quando tornò a
volare se ne guardò bene dall'avvicinarsi
all'altro essere pennuto con un becco ad uncino
così potente. Non sarebbe mai stato un suo amico
anche se in comune avevano le ali.
Quando si era a tavola arrivava in pochi secondi
e ripuliva la tovaglia delle briciole, ci volava
sulle spalle e restava accanto a noi.
Tutti tralasciammo la complicazione dei regalini
...... che lasciava dove capitava, questo era
l'ultimo dei nostri problemi, considerato ciò che
Luckyverz
donava a noi.
Pian piano si era giunti a metà Luglio e
volando cominciò a dirigersi contro la
porta a vetri che da accesso al giardino, ci
sbatteva contro violentemente, si
riprendeva un attimo e riprovava.
E' ora di farlo uscire fu la decisione
unanime della famiglia; con una sorta di timore che
volasse via appoggiai sul davanzale la gabbia
con dentro Luckyverz lasciando aperto lo
sportellino e sul tetto sempre cibo, acqua e
mamma siringa.
Poi rientrai sperando, onestamente ed
egoisticamente, che non se ne andasse.
Ma in poco tempo quella via d'uscita lo portò
alla scoperta di un mondo che ancora non
conosceva ma che istintivamente sapeva suo.
Prese il volo e da un albero si posò nell'altro.
Chissà che effetto gli fece poter volare più a
lungo in uno spazio così ampio e con tante
novità!
Non lo prenderemo ma più disse Sara
sconsolata, mi piaceva averlo in casa.
Le spiegai (anche se era già
grandicella) che non era la sua vita quella di
restare in gabbia ed era nostro dovere lasciarlo
libero, noi dovevamo essere molto felici
per l'opportunità avuta e del successo ottenuto.
Di tanto in tanto uscivo in giardino e lo
chiamavo, mi prese quasi il torcicollo a causa
del mio cercare con gli occhi; in alto tra gli alberi, non lo
vedevo ma avevo imparato a riconoscere il suo
canto e mi rincuorava sentire che era nei
pressi.
Luckyverz non rimase lontano a lungo e nel giro
di mezz'oretta era già di ritorno, atterrò sopra
la gabbia e fece uno spuntino come se fosse la
cosa più naturale di questo mondo. Non so
descrivere la gioia di tutti noi e le grida che
Sara faceva. Non potevamo credere ai nostri
occhi.
Temevamo fuggisse se fossimo usciti di casa ma
non successe, si fece prendere tranquillamente e
restava a lungo sulla mia spalla poi prendeva il
volo. E ritornava.
Una scena molto simpatica
fu quando volò al piano superiore
dove abita la mia mamma, lei era in terrazza e
si posò sulla sua spalla, poi sulla testa. Mia
mamma non sapeva se ridere o piangere stava
ferma immobile per paura che se ne andasse, ma Luckyverz
restò con lei a lungo. Credo non potrà mai
dimenticare quel momento.
Una domenica pomeriggio, mia mamma ricevette in visita
un'amica e mia cugina, eravamo seduti in
giardino e si discorreva tranquillamente quando
Luckyverz
arrivò in volata appoggiandosi sulla spalla,
restò un pochetto poi ripartì.
Sarebbe stato molto divertente poter riprendere lo
sguardo delle due ospiti nel vedere Luckyverz,
dissero, come tanti, che se non avessero
visto con i propri occhi non avrebbero mai creduto
al racconto del salvataggio del verzellino tanto
meno al suo andirivieni, per noi ormai naturale.
Ciliegina sulla torta: l'esibizione del ritorno
di Luckyverz all'apparizione delle siringa che
io mostravo con la mano rivolta verso l'alto
mentre fischiettavo (tentavo di farlo) per
chiamarlo.
Un Boeing 747 non avrebbe fatto un atterraggio
così plateale come esagerata fu la quantità di
cibo che inghiottì, fu così che si guadagnò un
sacco di applausi e noi tanti complimenti.
Si avvicinava la fine di Luglio e con essa
l'arrivo delle vacanze estive, saremmo andati al
mare per dieci giorni e dovevamo lasciare
Luckyverz,
di lui si sarebbe occupata la mia mamma che disse:
tanto questo non becca! riferendosi a Pio.
Arrivò l'inizio di Agosto, tutto proseguiva come
sempre, Luckyverz andava e veniva a suo piacere
si lasciava ancora prendere e ancora era al
settimo cielo
alla vista di mamma siringa.
Partimmo a malincuore per il mare, la prima
settimana di Agosto, credendo sinceramente che,
al rientro,
non l'avremmo rivisto.
Durante le telefonate serali alla mia mamma
chiedevo anche notizie del verzellino e, strano a dirsi,
mi sentivo sempre dire: c'è ancora.
Potrà sembrare pure stupido ma, pur sapendo che
prima o poi se ne sarebbe davvero andato,
speravo di rivederlo al rientro.
E così fu. Restò con noi fino al 22 Agosto
praticamente ancora due giorni dopo il nostro
rientro.
Lasciai la gabbia al suo posto ancora qualche
tempo sempre con cibo, acqua e mamma siringa.
Questa volta aveva proprio acquistato la libertà
seguendo la sua strada. Forse l'anno seguente ...... chissà
potevamo pure rivederlo.
A quel tempo non avevo altro che una macchina
fotografica normale, pensai di noleggiare una
videocamera per poter riprendere
quell'incredibile uccellino e ricordare
un'esperienza che credo unica.
Così feci e dedicai diversi giorni a riprendere
Luckyverz
ed ora posso rivederlo, ancora gioire e ancora
sorprendermi. Io, come
il resto di tutta la famiglia, non potremo mai
dimenticare.
a fatica son riuscita a unire pezzettini di video
la qualità delle immagini non è delle migliori
ma la qualità dell'esperienza non ha pari
L'anno
successivo l'esperienza si ripeté ma non con un
verzellino, bensì due fratellini pensarono di
cadere dal nido.
Anche in quell'occasione, come d'incanto, Sara era nei paraggi.
A quel punto eravamo tutti
molto preparati!!
Durante il mio
gironzolare tra i siti ho trovato un'amica che
ha avuto la mia medesima fortuna prendendosi
cura di due piccoli di capinera. Ho avuto il
permesso di linkare il suo racconto:
E' aumentata la famiglia.
Grazie amici per esser giunti fino qui
ed
è grazie alle vostre richieste che ho deciso
di provare a scrivere la storia di
Luckyverz.
Mi auguro di aver saputo trasmettervi le mie
emozioni.