|
|
Il Piccolo Albero
C’era una volta un piccolo albero di Natale che, quando
parlava con mamma albero di Natale e papà albero di
Natale, non vedeva l’ora di poter mettersi addosso le
palline colorate, i festoni argentati e le lampadine.
Sognava ogni notte il suo momento, entrare nel salotto
buono, gustarsi i sorrisi gli auguri in famiglia,
lasciarsi sfuggire una lacrima di resina dalla
contentezza. E venne finalmente il giorno del piccolo
albero di Natale. Venne scelto quasi per caso tra tanti
amici alberi di Natale anche loro. Pensava: “Adesso è
venuto il mio momento, adesso sono diventato grande”. Il
viaggio fu lungo, incappucciato di stoffa bagnata per
non perdere il verde luminoso dei rami ancora giovani.
Tornata la luce, il piccolo albero di Natale si trovò
nella casa di una famiglia povera. Niente palline,
niente festoni, solo il suo verde scintillante faceva la
felicità dei bambini che lo stavano a guardare con gli
occhi all’insù, affascinati. Era il loro primo albero di
Natale. Subito fu deluso, sperava di poter dominare una
sala ricca di regali e di addobbi eleganti. Ma passarono
i giorni e si abituò a quella casa povera ma ricca di
amore. Nessuno aveva l’ardire di toccarlo. Venne la sera
di natale e furono pochi i regali ai suoi piedi ma tanti
i sorrisi di gioia dei bambini che per giorni erano
rimasti a guardarli sotto il suo sguardo severo per
cercare di indovinare che cosa ci fosse dentro. Venne il
pranzo di Natale, niente di speciale. Venne Capodanno,
con un brindisi discreto, ma auguri sinceri. E venne
anche l’Epifania e il momento di andare via. Questa
volta non lo incappucciarono. Lo tolsero dal vaso, gli
bagnarono le radici e tutta la famiglia lo accompagnò
verso il bosco. Era felice di ritornare con mamma albero
di Natale e papà albero di Natale. Passando per la
strada vide tanti suoi amici, ancora con le palline
colorate e i fili d’oro e d’argento, che lo salutavano.
Ma c’era qualcosa di strano, erano tutti nei cassonetti
della spazzatura, ricchi e sventurati, piangevano anche
loro resina, ma non per la contentezza. Chissà dove
sarebbero finiti! Ora il piccolo albero di Natale è
diventato un abete grande e possente, ha visto tanti
figli andare in vacanza per le feste. Qualcuno è
ritornato, sano o con un ramo spezzato. Lui guarda da
lontano la città dove i bambini del suo Natale lo hanno
amato e rispettato. Perché è un albero di Natale, albero
di Natale tutto l’anno, perché Natale non vuol dire
essere buoni e bravi solo il 25 dicembre, perché Natale
può essere ogni giorno. Basta volerlo come quel piccolo
albero di Natale che ci tiene compagnia sulla montagna,
anche se lontano, anche se non lo vediamo. E c’era una
volta e c’è ancora oggi, un albero di Natale. Sempre
diverso e sempre uguale, quasi un caro amico di famiglia
che si presenta ogni anno per le vacanze, le sue
vacanze, da Santa Lucia all’Epifania. Grande, piccolo,
verde o dorato, testimone di ogni Natale, un amico con
il quale aspettare l’apertura dei regali e l’occasione
buona per scambiarsi gli auguri, per fare la pace, per
dirsi anche una parola d’amore. E tutti vogliamo bene
all’albero di Natale, ogni anno disposti ad arricchire
il suo abbigliamento con nuove palline colorate, un
puntale illuminato e addobbi d’oro e d’argento. È
cresciuto con noi, cambiato ogni anno, sempre più bello
agli occhi di chi guarda, occhi di bambino, ma anche
occhi di adulto che vuole tornare bambino. Per quei
giorni di festa è lui a fare la guardia al focolare, a
salutare quando si rientra a casa, a tenere compagnia a
chi è solo. Una presenza che conforta, non solo
nell’anima. È meglio se l’albero è di quelli con le
radici, pronto a dismettere l’albero della festa e a
compiere il suo dovere in mezzo ai boschi, a diventare
grande, libero e felice.
Giulio Gavino
|
|