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Il
ginepro
Si usava,
nelle campagne emiliane agli inizi del '900, bruciare un
ramo di ginepro nelle notti: della vigilia di Natale, di
S. Silvestro e dell'Epifania. Anche il suo carbone, come
quello del ceppo, veniva utilizzato in riti
superstiziosi. Si riteneva che il forte profumo,
cacciasse i serpenti, mentre dalle bacche e dalle foglie
si ricavava un succo capace di far guarire dai morsi
degli animali velenosi. Secondo la tradizione cristiana,
invece, aveva il potere di purificare dai peccati.
Il nome ginepro, in greco "arkeuthos", significava
"allontanare", "respingere"; forse per le foglie
pungenti, capaci di respingere gli spiriti maligni.
Una curiosità: Angelo de Gubernatis racconta che nei
monti del pistoiese, la gente appendeva sulla porta di
casa un rametto di ginepro, per allontanare le streghe.
Queste, prima di entrare nelle abitazioni, trovandoselo
davanti, non potevano fare a meno di contare le
tantissime foglioline, sbagliando e ricominciando da
capo. Alla fine, spazientite, le streghe dovevano
allontanarsi per paura di essere viste e riconosciute.
Nella notte di Natale si usava mettere, nelle stalle,
rami di ginepro. Questa, come altre usanze, è di origine
pagana, ma fu conservata grazie ad una leggenda
medievale. Maria, durante la fuga in Egitto, inseguita
dai soldati di Erode, trovò rifugio in un ginepro che
aprì i suoi rami e la nascose assieme Gesù e Giuseppe.
Maria, riconoscente, benedì il ginepro profetizzandogli
che, con il suo legno, si sarebbe
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