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La “vera” storia della Befana
Una fiaba di don Giampaolo Perugini
In un villaggio, non molto
distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era
brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un
pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del
prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo
che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato
– dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.
Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era,
inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la
usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man
mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in
paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava
moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla
mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si
sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente!
Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che
nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare
nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore
ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si
fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere
cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva
odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.
Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove
abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne
fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre
uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li
chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per
far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso
Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al
solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba
invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare
alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi
poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che
per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le
fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana
rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non
sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che
potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter
dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il
coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si
dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli
qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in
viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo
e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche
lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma
non voleva. Non si era mai allontanata da casa.
Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al
Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a
qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a
dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove
dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse
di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere
il suo viaggio.
Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.
Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma
non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio,
l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva
cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il
re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che
lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che
veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano
fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne
regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.
Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth,
nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano
che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino
che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.
Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il
misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota... una
calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo
pianto la rendeva sempre più amabile e buona.
Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre
giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti,
chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche
modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra
possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.
Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti
perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei
venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte
mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e
porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale
avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio.
Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista...
altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si
comporti da bambino generoso”.
E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù.
Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini... ed
il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.
È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e
buono da mangiare.
http://www.gliscritti.it/bambini/perugini081207.htm
PER MILLE SCOPE FASULLE
C’era una volta, in una casetta
solitaria tra le montagne, una scopa magica.
Indovinato! Era proprio la scopa
della Befana che riposava appoggiata al muro, lì dove la sua padrona l’aveva
lasciata prima di andare a dormire.
E c’era una volta, quella stessa
volta, anche una brutta idea che si fece largo nella testa di Pallio e Pollio,
due banditi di mezza tacca: rubare la scopa magica!
Così, mentre la Befana e la scopa riposavano ignare, i due ladri partirono con
il loro furgoncino alla volta della montagna. La strada era lunga e tortuosa, ma
i due banditi erano così eccitati all’idea che avrebbero rubato la scopa magica
da non accorgersene. Già immaginavano di poter volare da un continente all’altro
a far rapine senza essere mai catturati dalla Polizia.
Quando finalmente arrivarono, decisero che Pallio sarebbe entrato in casa,
mentre Pollio sarebbe rimasto fuori a fare da palo.
Pallio, che era magro e agile, s’infilò facilmente attraverso la grata di una
delle finestre e per sua fortuna trovò immediatamente la scopa. Uscì dalla casa
e fece un fischio convenzionale a Pollio: significava sto per lanciarti la
scopa. Pollio gli rispose con un altro fischio convenzionale: sono pronto a
prenderla.
Pallio lanciò la scopa, Pollio tese le braccia per prenderla, la scopa volò… ma
non arrivò tra le mani di Pollio. Era caduta in un crepaccio.
“L’hai presa?” domandò Pallio.
“L’hai lanciata?” chiese Pollio.
“Certo che l’ho lanciata!” rispose Pallio.
“No, non è arrivata!” disse Pollio.
“Come non è arrivata?!”
“Ti dico di no!”
Pollio accese la pila e vide la scopa nel crepaccio. Purtroppo per loro, lì dove
si trovava, non poteva essere presa da nessuno.
“Idiota! Non potevi lanciare più in alto?” disse Pollio.
“Tu, imbranato! Non potevi tendere di più le braccia?” ribatté Pallio.
“E adesso?”
“Per prenderla occorre l’attrezzatura. Uno di noi dovrà calarsi nel crepaccio.”
“Non facciamo in tempo ad andare al covo e prenderla.”
“Eh, no. Diventerà giorno.”
“Dobbiamo tornare domani notte.”
“E se la Befana se ne accorge?”
“Di cosa?”
“Zuccone! Che non c’è più la scopa!”
“Ah, già! Ma quando deve usarla?”
“Il cinque gennaio.”
“Caspita! Oggi è il tre gennaio!”
“Non c’è problema, domani notte risolveremo la faccenda.”
“Però, per non destare sospetti, dobbiamo mettere un’altra scopa al posto di
questa.”
“Andiamo a comprarla al supermercato.”
“Come hai detto?”
“Oh, scusa, volevo dire … rubarla.”
I due salirono sul furgone e, scesi a valle, si fermarono davanti al primo
supermercato che incontrarono. Dopo averne forzato la saracinesca, rubarono una
scopa del tutto identica a quella magica, poi risalirono sulla montagna e Pallio
si infilò nuovamente in casa della Befana. Collocata finta scopa al posto della
vera, scapparono via.
Dopo un po’ si fece giorno e la Befana si svegliò. Aveva ancora tante calze da
preparare e si mise subito al lavoro.
Quell’anno i bimbi erano stati proprio cattivi e, sebbene avesse fatto una
grossa scorta di carbone, si ritrovò ben presto senza più nemmeno un pezzo e con
tantissime calze ancora da riempire.
“Uffa! Bisognerebbe proprio insegnare loro la buona educazione!” esclamò.
“Continuano a fare i cattivi e io devo andare avanti e indietro a prendere i
sacchi di carbone. Sono proprio stufa. Ah, se fossi la loro mamma! Sai che botte
gli darei! Andiamo Scopina!”
La Befana prese la scopa e vi salì sopra. Ma la scopa non si mosse.
“Cosa c’è, vecchia carampana? Andiamo!”
La scopa non ebbe nessuna reazione. Spazientita, la Befana la prese e la
scrollò. La scopa non emise nemmeno un gemito.
“Ma si può sapere che cavolo hai?”
Mentre diceva questo, osservò bene la scopa e si accorse che non era la sua.
“Per mille scope fasulle, questa non è la mia scopa! Aiuto! Sono stata
derubata!”
La Befana artigliò il telefono e chiamò la Polizia.
“Sono stata derubata! Venite immediatamente!”
Dopo pochi minuti un elicottero della Polizia atterrò davanti alla casa della
Befana.
“Buongiorno, signora Befana!” la salutò il poliziotto.
“Ma che buongiorno e buongiorno! È un pessimo giorno! Sono stata derubata! Ecco,
questa non è la mia scopa. Trovatemela subito perché sono in pauroso ritardo!”
La Befana prese la scopa finta e la mostrò al poliziotto.
“Quando è successo?”
“Non lo so, non so niente! So solo che qui ci sono tantissime calze da preparare
e ho pochissimo tempo.”
Il poliziotto chiamò Bobby, il cane poliziotto, e lo mandò in giro a cercare la
scopa. Fortunatamente, poiché il crepaccio era proprio dietro la casa, il cane
la trovò subito.
“Bravo, Bobby” disse il poliziotto “Ecco un bell’osso per te.”
“Ecco la sua scopa, signora Befana. Comunque non si preoccupi perché faremo
delle indagini e sicuramente troveremo i colpevoli.”
“Sì, sì, fate quello che volete. Adesso devo andare.”
La Befana prese la scopa per salirvi sopra, ma vide che aveva il manico
spezzato.
“Ma… è rotta! Per mille scope fasulle, ho bisogno della mia scopa sana e in
perfetta forma!”
“Co…co…sa si può fare?” balbettò il il poliziotto che cominciava a sentirsi un
po’ a disagio.
“Ho bisogno del mio falegname. Solo lui può aiutarmi.”
“Certo, chiamiamolo!” disse il poliziotto che voleva rendersi utile.
“È in vacanza.”
“In vacanza… dove?”
“Per mille scope fasulle, non lo so!”
“Non si preoccupi, chiamo la Centrale. Lo troveranno in un batter d’occhio.”
“Battere è quello che farò al primo che mi capita sotto tiro” gridò la Befana
fissando il poliziotto con occhio assassino.
“La prego, la prego, signora Befana, si calmi. Mi dica qual è il problema più
urgente e vediamo di risolverlo.”
“Il problema più urgente è il carbone!”
“Non si preoccupi, mentre i miei uomini rintracciano il suo falegname, io vado
subito in città a prenderle il carbone.”
“Me ne servono urgentemente cinquecento chili.”
“Cinquecento chili?”
Il poliziotto non credeva alle sue orecchie.
“Sì, cinquecento chili. I bambini quest’anno sono stati terribili. Guardi qui la
lista dei cattivi: è lunghissima!”
“Mio figlio è stato bravo!“
“Bravo?!? Il suo è il primo della lista!” esclamò la Befana.
A quelle parole l’incredulo poliziotto rimase imbambolato.
“Per mille scope fasulle, si sbrighi!” lo incitò la Befana.
“Sì, sì, vado subito! Allora cinque…cento chili?!”
“Sì, cinquecento chili. E di quello amaro!!”
Il poliziotto fece il saluto militare. Accompagnato da Bobby, salì
sull’elicottero per recarsi dal venditore di carbone.
“Buongiorno” lo salutò quest’ultimo quando lo vide entrare nel negozio. “Cosa
posso fare per lei?”
“Mi occorrono subito cinquecento chili di carbone.”
“Cinquecento chili?”
Il venditore non credeva alle sue orecchie.
“Esatto, cinquecento chili. Sono per la Befana. I bambini quest’anno sono stati
terribili.”
“Il mio è stato bravo!“
“Bravo?!? Il suo è il primo della lista!” esclamò il poliziotto.
A quelle parole il povero venditore rimase imbambolato e inebetito.
“Oh, insomma, si sbrighi!” lo incitò il poliziotto.
“Sì, sì, vado a prenderlo subito! Allora ha detto cinque…cento chili?!”
“Sì, cinquecento chili. E di quello amaro!!”
Il venditore preparò un grosso sacco di carbone e lo caricò sull’elicottero. Il
poliziotto volò dalla Befana e le consegnò il carbone. Nel frattempo dalla
Centrale di Polizia avevano rintracciato il falegname che stava arrivando a
riparare la scopa. Purtroppo non c’era molto tempo e l’indomani notte la Befana
avrebbe dovuto fare il suo giro nelle case dei bambini che l’aspettavano
impazienti.
Ma i ladri? Non potevano rimanere impuniti!
“E se tentano di rubare ancora la mia scopa?” domandò la Befana.
“Non si preoccupi!” la rassicurò il poliziotto.
In realtà noi sappiamo che i ladri avevano intenzione di tornare sulla montagna
per prendere la scopa nel crepaccio.
Fortunatamente il poliziotto, che aveva molta esperienza di furfanti, seppe
prevedere i loro movimenti e mise in atto un piano ingegnoso.
Prese la scopa finta e, dopo averla spruzzata con uno spray fosforescente
visibile solo con degli occhiali speciali in dotazione dei poliziotti, la mise
nel crepaccio nella stessa posizione di quella magica. Questo spray aveva la
caratteristica di lasciare una scia lungo tutto il percorso che faceva l’oggetto
sul quale era stato spruzzato.
Così quella notte Pollio e Pallio tornarono sulla montagna muniti
dell’attrezzatura necessaria per calarsi nel crepaccio. Fecero testa o croce per
vedere a chi toccasse scendere e la sorte scelse Pollio, anche se era meno agile
di Pallio.
Con un po’ di fatica, Pollio si calò nel crepaccio e recuperò la scopa.
Soddisfatti, i due banditi ritornarono al loro covo e progettarono subito una
serie di rapine da fare nelle più grandi banche di Milano, Londra, New York e
Tokyo: tutte e tre nello stesso giorno perché con la scopa magica avrebbero
potuto volare velocissimi da un capo all’altro del mondo.
Purtroppo per loro, non poterono mettere in pratica il losco piano perché,
grazie alla scia lasciata dallo spray fosforescente, la Polizia riuscì a
trovarli e ad arrestarli.
Pollio e Pallio furono condotti immediatamente in una prigione di massima
sicurezza. A nulla valsero i loro pianti e il giuramento di non farlo mai più.
“Avreste dovuto pensarci prima!” disse loro il poliziotto che, per aver condotto
questa brillante operazione, ebbe un avanzamento di carriera e un aumento di
stipendio grazie al quale decise che avrebbe iscritto suo figlio a una scuola
privata e molto severa l’anno successivo. “Ora resterete in prigione per tutta
la vita!”
“Tutta la vita?” ripeterono i due ladruncoli.
“Proprio così!”
E infatti… sono ancora lì!
http://www.ultimariga.it/portale/?p=2183
“Per mille scope fasulle”- Epifania: racconto inedito di Loredana Limone
CREATO DA FEDERICA IL 06/01/2013
Scherzi da Befana
“La Befana vien di notte e ci
riempirà di botte…”
“Si può sapere perché devi
storpiare tutte le filastrocche, mettiti a fare i compiti altrimenti ti ci
riempio sul serio di botte!” disse la mamma dalla cucina, esasperata dalla
lentezza con cui Marco faceva i compiti. “Mi diverte e poi le rime ai miei
compagni piacciono, ride tutta la classe”, fece eco riprendendo a picchiettare
con la penna sul quanderno vuoto: “…il cappello alla romana e non porta la
sottana”.
Marco era il terzo di tre figli,
arrivò quando i fratelli più grandi andavano già alle superiori, così per loro
divenne una specie di giocattolo. Un bravo bambino in fondo, a volte po’ troppo
impertinente, non prendeva mai nulla sul serio, abituato com’era a riderne con i
fratelli maggiori da cui si sentiva protetto e spalleggiato.
La mamma e il papà provavano
spesso a spiegarlo alla maestra che puntualmente li convocava, certo non faceva
nulla di male ma le risate dei compagni interrompevano la lezione, disturbavano
le attività. Così ogni tanto rimediava una nota sul quaderno e i genitori erano
costretti a punirlo, pur rendendosi conto che si trattava in fin dei conti di un
bambino di seconda elementare. Speravano che con il tempo sarebbe diventato più
maturo.
La mattina del sei gennaio arrivò
in fretta, come per tutti i bambini in vacanza. Anche Marco si alzò presto e
balzò in cucina: il focolare spento, il disordine della sera prima, sbriciò,
guardò, controllò ma della calza della Befana nessuna traccia. Mestamente andò
nella camera dei genitori, s’infilò tra loro nel letto. “Che succede?” chiesero
ansiosi il papà e la mamma. “Non è passata”, piagnucolò il bambino deluso e
triste.
“Stavolta si dev’essere
dimenticata di passare - disse la mamma pensierosa - oppure potrebbe essersi
offesa per le tue rime impertinenti!”. “Ma io non volevo offenderla” - si
affrettò a spiegare il bambino - volevo solo giocare”. “Capita sai - disse
ancora la mamma- di non voler offendere qualcuno e invece si offende anche se
non avevamo intenzione di farlo”.
Dopo un po' si avviarono nella
cucina apparecchiata per la colazione, Marco voltò la sua tazza e… “Toh una
lettera - disse - me l’hai scritta tu mamma?” “No davvero, bimbo mio”, fece la
mamma.
Incredulo cominciò a leggere
lentamente
Sono la Befana che vien di notte
caro Marco tieniti forte:
le tue rime sono carine
molto simpatiche e birichine,
ma devi imparare per il futuro
a dirle sempre in modo opportuno.
Io non lascio punizioni
solo appunti e riflessioni.
Ora trova la soluzione,
non è difficile fai attenzione:
“Che cos’è che si trova in pieno
inverno, verso la fine della primavera, al principio dell'estate e non si trova
mai in autunno?”
Ora risolvi il mistero
dell’alfabeto trova il numero.
Conta le pagine del tuo
sussidiario.
Troverai lì il mio regalo.
“La Befana ti mette alla prova -
disse la mamma - forse vuol dirti qualcosa”.
Ora mio piccolo lettore risolvi
l’indovinello e aiuta Marco a trovare il suo regalo della Befana…
Ah che hai detto? Vuoi sapere come
finisce?
Dopo averci pensato tanto, quando
oramai non ci sperava più, Marco risolse l’indovinello e trovò il suo regalo, in
una bustina c’erano i soldini per riparare la bicicletta rotta durante una
scorribanda con i fratelli e che a suo tempo non fu riparata dopo un’altra nota
della maestra. Da quel giorno imparò a fare le sue battute spiritose solo se
necessario e soprattutto a casa o sottovoce durante l’intervallo a scuola, senza
offendere nessuno. (Rosalba Cocco - Gennaio 2013 - Tutti i diritti riservati -
Condividi allo stesso modo con un link diretto al blog)
(Rosalba Cocco - Gennaio 2013 -
Tutti i diritti riservati - Condividi allo stesso modo con un link diretto al
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